102022Ott
Psichiatria e deficit cognitivi: le insufficienze di capacità sociali dopo una cerebrolesione.

Psichiatria e deficit cognitivi: le insufficienze di capacità sociali dopo una cerebrolesione.

Quanto viene compromesso il percorso riabilitativo e di reinserimento sociale in psichiatria se sono presenti deficit cognitivi?

Psichiatria e deficit cognitivi, l’importanza di percorsi integrati.

Prosegue il progetto di inclusione lavorativa Abili al lavoro

Una questione aperta: rapporto tra psichiatria e deficit cognitivi. Fallimenti reiterati e famiglie senza risposte.

Deficit cognitivi pregressi a patologie psichiatriche e, viceversa, comportamenti psichiatrici correlati a menomazioni cognitive, comportano pesanti e gravi ripercussioni nei percorsi di inclusione lavorativa e di ricollocazione sociale.
Deficit cognitivi e psichiatria: lo spettro di disabilità complessiva è, nella maggior parte dei casi, particolarmente ampio e caratterizzato dal coesistere di menomazioni senso-motorie, cognitive, comportamentali, affettive e relazionali.

Sono quest’ultime, non quelle motorie, a condizionare in modo preminente il livello di difficoltà a lungo termine, le difficoltà di approccio al lavoro e di inclusione sociale. Infatti, in queste persone sono spesso i fattori cognitivo-comportamentali, come disorientamento, inerzia e limitata consapevolezza di sé, a rendere necessaria una particolare modulazione dei programmi di accompagnamento al lavoro ed inclusivi. Tali disordini del comportamento possono essere “in difetto”, come l‘apatia, l’ottundimento affettivo, l’inerzia, la depressione, la perdita delle competenze sociali, la tendenza alla minimizzazione, la trascuratezza, la perdita dell’interesse sessuale, ed “in eccesso”, quali la bulimia, i comportamenti ossessivo-compulsivi, la disinibizione, l’agitazione, l’impulsività, l’ipersessualità, l’aggressività e la logorrea. Tutti elementi che mettono in gravi difficoltà soprattutto il mantenimento di un’occupazione e il gradimento delle aziende di persone che presentano questi tipi di disordini comportamentali.

Psichiatria e deficit cognitivi

Nei soggetti con patologie borderline, o impropriamente definiti “doppia diagnosi”, è spesso riportata una grave compromissione della ricostruzione mnemonica della storia del sé e della progettualità futura, associata a deficit della funzione esecutiva. Questi aspetti compromettono la capacità di pianificazione temporale e le relazioni sociali, visti spesso come estranei al contesto.
Il problema è, quindi, coniugare una patologia complessa come quella descritta, con risorse territoriali che comprendono Istituzioni disponibili e un tessuto produttivo sensibile e in grado di assorbire una certa quantità di “svantaggio”.

Le cause stanno proprio nella poca consapevolezza che anche con patologie complesse è possibile l’applicazione della normativa sul collocamento mirato attraverso lo sviluppo di progettualità̀ condivise tra attori diversi, il superamento d’insuccessi e i pellegrinaggi tra Enti di servizi al lavoro che drenano risorse e acuiscono frustrazioni di ripetuti fallimenti. Il problema è promuovere progettualità̀ condivise superando i compartimenti stagni della Sanità, sviluppando collaborazioni tra i contesti, migliorando il contributo dei territori e definendo qualche punto di riferimento quando si ha la necessità di strategie che tengano conto delle specifiche caratteristiche dei destinatari.

Abili al lavoro

Il titolo del Progetto “il lavoro retribuito può essere davvero l’obiettivo più realistico da perseguire per questa tipologia di pazienti?” contribuisce a sviluppare la consapevolezza che non possiamo accettare pazienti psichiatrici di serie B. O persone con disabilità cognitiva ritenuti non collocabili.

Aspetto fondamentale ed emerso durante la realizzazione del progetto, riguarda il riconoscimento di corrette percentuali di invalidità: non prevalentemente legate a disabilità fisiche e sensoriali, ma debitamente correlate alle reali competenze relazionali delle persone.

Che il lavoro per persone con “doppia diagnosi” (danno cerebrale e patologie relazionali) sia possibili, le rilevano questi dati osservabili:

– Il numero di transizioni da lavoro protetto a lavoro in aziende profit.

– Il numero di persone “recuperate”, che nel tempo hanno abbandonato i percorsi di inclusione lavorativa per i ripetuti insuccessi o in carico, ma senza prospettive, ai servizi di collocamento.

– Le segnalazioni (dalle Associazioni dei familiari già coinvolte e altre che si potranno contattare) di persone con le caratteristiche dei destinatari ai quali offrire risposte sia in merito alla attivazione/riattivazione di percorsi inclusivi, sia revisioni dei punteggi di invalidità ritenuti troppo bassi e quindi che limitano le opportunità reali di ingresso al lavoro.

– Il numero di soggetti della rete che mettono a disposizione spazi di valutazione e addestramento.  La diversificazione dei posti di lavoro (protetto) offerta dall’ampia rete del Progetto, consente valutazioni sulle esigenze specifiche della persona.

– Le tipologie delle Aziende coinvolgibili che si ampliano: oltre alla rete fidelizzata, le limitate o assenti compromissioni fisiche dei destinatari, consentono di interessare fasce di aziende in obbligo che faticano a trovare figure compatibili alle postazioni disponibili

– Il numero ampio di cooperative B coinvolte permette l’attivazione di Convenzioni Art. 14 ad ampio raggio per maggiori offerte di opportunità per le Aziende.

Una equipe di operatori, specializzata, per indicazioni e consulenze ai Servizi al lavoro, sulle possibilità reali di inclusione lavorativa dei Destinatari, continua il lavoro sul tema.

“Abili al lavoro” prosegue.

Per maggiori informazioni consultare i seguenti link:
https://www.cooperativaprogettazione.it/?s=psichiatria+e+danno+organico
https://www.formazionesocialeclinica.it/trauma-cranico-patologie-psichiatriche/
https://www.traumacranico.net/supporto-psicologico

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